Fallimento e decreto ingiuntivo: la dichiarazione di esecutorietà ex art. 647 c.p.c.

Dopo quattro anni dalla prima pubblicazione del presente articolo, la problematica relativa alla dichiarazione di esecutorietà ex art. 647 c.p.c., richiesta per il decreto ingiuntivo, in sede di ammissione allo stato passivo del fallimento, appare ancora un tema di attualità.

Infatti, dalla Corte di Cassazione giunge un numero copioso di Ordinanze, tutte del medesimo segno, relative a ricorsi nei confronti di sentenze sfavorevoli al creditore titolare di decreto ingiuntivo privo della dichiarazione di esecutorietà ex art. 647 c.p.c.: vengono tutti irrimediabilmente respinti (vds. recentemente le seguenti Ordinanze tutte emesse quasi a fotocopia l’una dell’altra: 5090 del 5/3/18 – 3604 del 14/2/18 – 3084 del 8/2/18 – 3040 del 8/2/18 – 2824 del 6/2/18 – 2819 del 6/2/18).

Per un’analisi della problematica del decreto ingiuntivo nel Concordato Preventivo si veda il nostro “Efficacia del decreto ingiuntivo nel Concordato Preventivo” (vai all’articolo).

Buona lettura.

Il passaggio in giudicato

Spesso il Curatore si trova ad esaminare domande di ammissione al passivo del fallimento fondate su atti giudiziari. Il principio giuridico fondamentale in cui ci si imbatte è il seguente: la sentenza e i decreti ingiuntivi già passati in giudicato alla data del fallimento sono vincolanti per la curatela, la quale, nulla può contestare in ordine alla fondatezza del credito (salvo eventualmente eccepire l’inopponibilità di tali atti alla massa dei creditori per la revocabilità del negozio giuridico sul quale la sentenza o il decreto si fondano).

Occupandoci solo dei decreti ingiuntivi e tralasciando le sentenze, è possibile ragionare all’inverso: se il creditore fonda la propria domanda di ammissione al passivo su un decreto ingiuntivo che non è ancora passato in giudicato alla data del fallimento, la curatela non è vincolata a detto decreto, per cui il credito sarà ammesso o escluso in base agli elementi probatori forniti dal creditore, in quanto il decreto ingiuntivo è come se non esistesse (tamquam non esset vds. tra le tante Cass. 1780/77; 3669/72).

L’art. 647 c.p.c.1

Ma, quando si può affermare che un decreto ingiuntivo è passato in giudicato?

Il c.p.c. richiede chiaramente un preciso adempimento formale: unicamente la dichiarazione di esecutorietà ex art. 647 c.p.c. attribuisce al decreto ingiuntivo l’efficacia di giudicato sostanziale, ne consegue che il decreto ingiuntivo è opponibile al fallimento solo se è intervenuta dichiarazione di esecutorietà in data anteriore a quella di fallimento.

La sentenza della Corte di Cassazione n. 6085/2004 è chiarissima in materia: “L’efficacia del giudicato (sostanziale) del decreto ingiuntivo non opposto, senza necessità di visto, viene affermata, non univocamente, in dottrina, nel rilievo che sarebbe inutile la previsione di un termine (perentorio: Cass. 1251/66; 15959/00) per proporre opposizione se poi, all’inutile decorso, non si collegasse alcun effetto di irrevocabilità del decreto; più univoca, invece la soluzione giurisprudenziale che, nelle massime più risalenti, è esplicita nel senso che il decreto ingiuntivo, solo se dichiarato esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c. acquista autorità ed efficacia di cosa giudicata (Cass. 784/64; 659/66; 1246/66; 1776/67; 1125/68; 2627/71), mentre l’ulteriore effetto del visto, di conferire l’esecutività al decreto che ne è privo, è sottolineato da altre pronunce (Cass. 181/65; 1028/70; 2412/70; 3244/73).”

Una recente sentenza (Cass. 1650/2014) ne chiarisce le ragioni, giacché nel procedimento monitorio è demandata al giudice un’attività giurisdizionale di verifica che il contraddittorio si sia correttamente instaurato attraverso la correttezza della notifica, “tale controllo rappresenta un momento irrinunciabile a garanzia del diritto di difesa dell’intimato“. Inoltre, il medesimo art. 647 c.p.c. prevede che “il giudice deve ordinare che sia rinnovata la notificazione quando risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza del decreto”. Pertanto, tale sentenza conclude nel rilevare che “la funzione devoluta al giudice dall’art. 647 c.p.c. è molto diversa da quella della verifica affidata al cancelliere dall’art. 124 disp. att. c.p.c. sulla mancata proposizione di una impugnazione ordinaria nei termini di legge e dall’art. 153 disp. att. c.p.c. sulla verifica che ‘la sentenza o il provvedimento del giudice è formalmente perfetto’. Se ne differenzia, infatti, per il compimento di una attività giurisdizionale avente ad oggetto la verifica del contraddittorio, che, come già detto, nel processo a cognizione ordinaria ha luogo come primo atto del giudice e nel processo d’ingiunzione, ove non sia stata proposta opposizione, ha luogo come ultimo atto del giudice” [integrazione all’articolo del 12.10.2014].

Esecutorietà/esecutività del decreto ingiuntivo

In primo luogo, è necessario precisare che l’esecutorietà e l’esecutività sono concetti equiparati.

Secondariamente, è opportuno non confondere la provvisoria esecutività/esecutorietà del decreto con la dichiarazione di esecutorietà. Infatti, il decreto provvisoriamente esecutivo attribuisce al creditore il potere di agire con l’esecuzione forzata nei confronti del patrimonio del debitore. In questo modo, il titolo diventa il presupposto per l’esercizio dell’azione esecutiva, indipendentemente dall’accertamento del diritto sostanziale sottostante.

Si tratta di un beneficio che il giudice può riconoscere al creditore in determinati casi (artt. 642 e 648 c.p.c.). In realtà, un decreto provvisoriamente esecutivo può anche essere opposto e la provvisoria esecutività può mantenersi anche in pendenza di opposizione. Pertanto, si comprende come lo stesso non sia sufficiente a provare il diritto sostanziale che sta alla base del decreto.

Il decreto di esecutorietà dell’art. 647 è quello che sancisce che il decreto è passato in giudicato ed è un atto formale che la giurisprudenza ormai consolidata della Suprema Corte ritiene imprescindibile per l’opponibilità alla procedura fallimentare.

Riepilogando:

  • in senso positivo: il decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo ex art. 647 c.p.c. in data anteriore alla dichiarazione di fallimento (in quanto passato in giudicato) costituisce titolo per l’ammissione del credito allo stato passivo, senza possibilità di esclusione non essendo consentito al Curatore ed al Giudice Delegato rimettere in discussione l’esistenza del credito (si vedano tra l’altro, Cass. 28553/2011, 22549/2010, 22959/2007).

  • in senso negativo: il decreto ingiuntivo non provvisto di formula di esecutorietà ex art. 647 c.p.c. anteriore alla data di fallimento non gode di tale efficacia, “con la conseguente inopponibilità alla massa se non dichiarato esecutivo prima della dichiarazione di fallimento (Cass. 6918/2005; 9346/1997)” (Cass. 6198/2009).

Inoltre, “il Tribunale fallimentare non ha il potere di accertare, neanche incidenter tantum, la tardività della proposizione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Di conseguenza, il decreto ingiuntivo, non dichiarato esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c., non ha efficacia di giudicato formale e sostanziale e non è opponibile alla procedura fallimentare” (Cass. 2032/2012, 1650/2014).

Problema: chi appone il visto di esecutorietà?

L’art. 647 c.p.c. prevede espressamente che il soggetto legittimato a rilasciare la dichiarazione di esecutorietà sia lo stesso giudice che ha emesso il decreto.

Nella prassi di alcuni Tribunali, invece, accade che sia la Cancelleria a rilasciare una sorta di visto di mancata opposizione o mancata costituzione dell’opponente nei termini.

Ciò crea non pochi problemi, perché ad una interpretazione letterale della norma, tale prassi non risulta accoglibile.

Conseguenze dell’inopponibilità del decreto ingiuntivo

1) Accertamento del credito sottostante

Il decreto ingiuntivo inopponibile alla massa (cioè non dotato del visto di esecutorietà ex art. 647 c.p.c. portante data anteriore al fallimento) è come se non esistesse per la procedura, per cui il credito richiesto va accertato e provato da parte del creditore con altra documentazione. Se l’istanza di ammissione al passivo è fondata solo ed esclusivamente sul decreto ingiuntivo, il credito può essere dichiarato inammissibile per assoluta carenza documentale.

2) Inefficacia dell’ipoteca giudiziale iscritta

L’inopponibilità del decreto ingiuntivo travolge anche l’eventuale ipoteca giudiziale iscritta sugli immobili del debitore in virtù di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. Infatti, “essendo il decreto ingiuntivo del tutto inefficace nei confronti del sopravvenuto fallimento, non può riconoscersi efficacia neppure all’ipoteca giudiziale iscritta in ragione delle sua provvisoria esecutività” (Cass. 7221/98);

Ugualmente la Cass. 22549/2010 la quale argomenta che poiché il D.I. è inefficace nei confronti della la massa è inefficace anche l’ipoteca giudiziale iscritta, in quanto il titolo provvisorio che giustifica l’iscrizione non è più suscettibile di divenire definitivo nei confronti della massa stessa (vds. anche Cass. 2789/1996, 6918/2005).

3) Spese legali

Altra conseguenza, è legata alle spese legali relative al procedimento monitorio (comprese le spese di registrazione del decreto), che non sono riconosciute ed ammissibili al passivo del fallimento, sebbene liquidate in decreto da parte del Giudice. Lo stesso dicasi per le spese di iscrizione ipotecaria. In sostanza, l’inesistenza del decreto senza visto travolge tutto ciò che ne consegue.

Tuttavia, c’è chi ritiene che, ove il credito venisse ammesso, il creditore abbia comunque subito un danno, pari alle spese (legali e non) sostenute per il procedimento monitorio, con conseguente diritto dello stesso a pretenderne il riconoscimento in sede di ammissione al passivo.

4) Riassunzione del giudizio di opposizione a Decreto Ingiuntivo

In caso di fallimento del debitore, il Curatore non è tenuto a riassumere il giudizio di opposizione a Decreto Ingiuntivo intrapreso dal debitore in bonis nei confronti di un suo creditore, in quanto il decreto ingiuntivo non è passato in giudicato. Il creditore, che vuol far valere le proprie ragioni creditorie, deve far accertare il credito ai sensi dell’art. 52 l.f. mediante la procedura di accertamento del passivo. (vds. Cass. 5727/2004).


1Art. 647. Esecutorietà per mancata opposizione o per mancata attività dell’opponente.
Se non è stata fatta opposizione nel termine stabilito, oppure l’opponente non si è costituito, il giudice che ha pronunciato il decreto, su istanza anche verbale del ricorrente, lo dichiara esecutivo. Nel primo caso il giudice deve ordinare che sia rinnovata la notificazione, quando risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza del decreto.Quando il decreto è stato dichiarato esecutivo a norma del presente articolo, l’opposizione non può essere più proposta né proseguita, salvo il disposto dell’articolo 650 e la cauzione eventualmente prestata è liberata.

 


 

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58 risposte

  1. Maria Francesca Clemente ha detto:

    Egregio Dottore,
    condivido le argomentazioni esposte nel Suo articolo e le conclusioni ivi formulate.
    Peraltro il tema è stato affrontato anche recentemente dalla Corte di Cassazione (sentenza 11.10.13 n. 22218 e sentenza dep. il 30.1.14, ricorso 14510.12, di cui non ho il numero).
    Pongo a Lei e a quanti hanno l’occasione di leggerci un ulteriore quesito: quale è la sorte di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, notificato ma non munito della formula di provvisorietà, di fronte ad una procedura di concordato preventivo liquidatorio omologato? Il problema, ovviamente si pone in riferimento alla iscrizione ipotecaria ed alla sua efficacia.
    Applicando la disciplina fallimentare il decreto non sarebbe opponibile alla procedura con conseguente inefficacia dell’ipoteca giudiziale.
    La pubblicazione del ricorso per concordato nel registro delle imprese dovrebbe cristallizzare la posizione dei creditori, anche per assicurare la parità di trattamento.
    La ringrazio in ogni caso per il prezioso aiuto.
    Francesca Clemente

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Gent. Francesca,
      premetto che dò per scontato che laddove scrive “formula di provvisorietà” intendesse formula di definitività.
      Ritengo che nel concordato preventivo non operino le norme di accertamento del passivo proprie del fallimento, per cui non è prevista alcuna verifica della presenza del decreto di cui all’art. 647 c.p.c..
      Per quanto concerne l’efficacia dell’iscrizione ipotecaria, atteso che non risulta applicabile l’art. 67 l.f. (revocatoria fallimentare), l’unica norma di riferimento è l’art. 168 l.f. che al terzo comma prevede che “le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato”.

      • Carlo Calandra ha detto:

        Solo per segnalare che l’art. 169 L.F. richiama espressamente l’art. 45 L.F., con conseguente – a mio parere – inopponibilità del decreto ingiuntivo sprovvisto del decreto di cui all’art. 647 cpc anche in sede di concordato preventivo.

        • Rosa Arena ha detto:

          Quello che lei osserva è corretto, ma sino a che punto può, per rimanere all’oggetto della discussione, un decreto ingiuntivo, regolarmente ottenuto e passato in “cosa giudicata” prima della sentenza di fallimento, può cadere letteralmente nel nulla solo perchè la società contro la quale pende una procedura fallimentare ha l’astuzia di bloccarla proponendo, come spesso accade nella prassi, un concordato “in bianco”. Il cd. principio di consecuzione delle procedure non dovrebbe, a mio avviso, applicarsi in tali ipotesi di concordati che si risolvono in semplici tentativi dilatori.

  2. maddalena pilastri ha detto:

    Buonasera,
    vorrei tornare ancora una volta sulla questione del decreto ingiuntivo.
    Scrive che, essendo il decreto ingiuntivo non munito di formula di esecutorietà ex 647 cpc inesistente per la procedura, sono inefficaci anche ad esempio le ipoteche giudiziali iscritte in virtù di tale decreto.
    Cosa succede nel caso di pignoramenti presso terzi con esito positivo eseguiti in forza di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, in data antecedente alla sentenza di fallimento, corredati anche di decreto di assegnazione a favore del creditore procedente? Se il Creditore non ha percepito le somme dal terzo pignorato alla data della sentenza del fallimento, è legittimato il Curatore a richiedere e farsi consegnare dal terzo pignorato le somme in suo possesso?
    Il principio dovrebbe essere lo stesso: essendo il decreto non opponibile alla procedura, sono inefficaci tutte le azioni ad esso collegate.
    Grazie per la risposta
    Maddalena Pilastri

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Cara Maddalena,
      nel caso del pignoramento presso terzi, dovrebbe essere pacifico che il provvedimento di assegnazione del credito ex art. 552/553 cpc estingua il procedimento esecutivo ed il credito entri nella sfera patrimoniale del creditore.
      Dopo tale provvedimento il debitore pignorato (alfa) è legittimato a pagare il creditore pignorante (beta), indipendentemente dal successivo fallimento del debitore originario (gamma). Non potrebbe essere altrimenti visto che c’è un provvedimento del giudice che stabilisce che il debitore pignorato (alfa) deve pagare il creditore (beta).
      Ciò che può essere aggredito dal Curatore è il pagamento e non il provvedimento di assegnazione. Per cui:
      – se il pagamento è anteriore al fallimento, allora il Curatore può agire nei confronti del creditore (beta) in revocatoria fallimentare ex art. 67 l.f., se ne ricorrono i presupposti (in tal caso mi sembra abbastanza agevole per il Curatore dimostrare la conoscenza dello stato d’insolvenza);
      – se il pagamento è avvenuto dopo il fallimento, il Curatore può sempre agire nei confronti del creditore (beta) che ha ricevuto la somma pignorata ai sensi dell’art. 44 l.f., trattandosi di un atto inefficace;
      – se il pagamento non è ancora avvenuto, come nel tuo caso, la cosa migliore sarebbe mettersi d’accordo, perchè secondo me il Curatore non può mai agire nei confronti del debitore pignorato (alfa), in quanto questi ha ricevuto un ordine da un giudice di pagare il creditore (beta), per cui se lui paga beta non fa che ottemperare ad un provvedimento dell’autorità giudiziaria e non puoi certo andare a richiedergli di ripetere il pagamento in tuo favore. Il tuo obiettivo credo debba essere necessariamente beta, perché l’eventuale pagamento per lui sarebbe in ogni caso inefficace ex art. 44 l.f. e quindi per evitare una inutile causa potrebbe accordarsi per far riscuotere alla Curatela la somma ancora da incassare.
      Per quanto riguarda il 647 cpc, ritengo che sia irrilevante in questo caso perché c’è comunque un provvedimento dell’autorità giudiziaria di assegnazione della somma che è passato in giudicato e quello per la Curatela è inattaccabile.

  3. SILVIA NARDI ha detto:

    Gent.mo Dottore

    Cosa succede invece se un decreto ingiuntivo per crediti da lavoro reso esecutivo prima della sentenza di fallimento, iscrive 2 mesi prima ipotecale giudiziale su immobile del fallito prima del fallimento, può essere opponibile? sia il decreto che l’ipoteca?può essere cancellata? come deve essere trattato nell’insinuazione
    La ringrazio per il suo illustre parere
    silvia nardi

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Gent. Dott.ssa,
      ritengo che il decreto ingiuntivo reso esecutivo (ex art. 647 c.p.c.) prima della sentenza di fallimento sia certamente opponibile alla procedura.
      Il problema, invece, è che l’ipoteca giudiziale è certamente revocabile ex art. 67 l.f., comma 1 n. 4) [ipoteca giudiziale iscritta nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti]. Pertanto, al creditore che si insinua al passivo non può essere riconosciuto il privilegio ipotecario, ma eventualmente solo quello per lavoro dipendente.
      Per quanto concerne la cancellazione del gravame, questa avverrà con il decreto di trasferimento dell’immobile sottoscritto dal Giudice Delegato.

  4. Alessia ha detto:

    Gentile Dottore
    grazie del contributo fornito con la sua relazione e complimenti per il sito.
    Vorrei confrontarmi su un aspetto relativo al CONCORDATO PREVENTIVO IN BIANCO.
    Il ricorso all’ammissione alla procedura di concordato è stata presentata a ottobre 2014 e successivamente è stato depositato un ricorso per ingiunzione di pagamento emesso a novembre 2014 e notificato a gennaio 2015.
    Ora devo precisare il credito della mia assistita come da richiesta del concordato.
    Da ricerche effettuate il divieto di cui all’art. 168 è relativo solo alle procedure esecutive ed il ricorso per ingiunzione è un procedimento ordinario quindi è stato corretto proporlo per avere un titolo certo.
    Ora la somma per le spese legali liquidata nel ricorso (pur se emesso successivamente alla data di presentazione del ricorso per concordato preventivo) può essere richiesta in sede di concordato? Io credo di si alla luce di quanto sopra.

    Una volta che passeranno i giorni per l’opposizione potrò fare apporre la dichiarazione di esecutorietà ai sensi del 647 che mi servirà nel caso in cui il concordato sfoci in fallimento, giusto?

    Grazie

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      L’art. 491 cpc stabilisce che “l’espropriazione forzata si inizia col pignoramento“, per cui il disposto dell’art. 168 non dovrebbe precludere l’inizio o la continuazione di procedimento monitori o di altro tipo.
      Ho però un dubbio da sollevare: se il procedimento giudiziale è iniziato dopo la presentazione della domanda di concordato per un credito antecedente non contestato, credo che possa incontrare qualche problema, atteso che il procedimento monitorio è volto a richiedere l’adempimento di una obbligazione ad un soggetto che in virtù della presentazione della domanda di concordato non può adempiere. Si tratterebbe di un’attività giudiziale completamente inutile e non si vede perché il debitore ed i suoi creditori debbano subire le conseguenze negative della stessa. Si immagini se tutti i creditori dopo la domanda di concordato presentassero un ricorso per ingiunzione. Otterrebbero tutti condanne al pagamento e liquidazione di onorari; ma a che pro?
      Per cui ritengo che gli organi del concordato potrebbero (ma non è detto) sollevare delle obiezioni al riconoscimento delle spese legali liquidate.
      Lo stesso, ed a maggior ragione, dicasi per il Curatore in caso di eventuale fallimento.
      Se, invece, l’azione giudiziale è iniziata prima del concordato, il discorso può essere completamente diverso perché in tal caso il debitore avrebbe dovuto e potuto difendersi.

  5. Cinzia ha detto:

    Se in un’istanza di insinuazione al passivo viene richiesta, in via principale, l’ammissione del credito derivante da mensilità non corrisposte al lordo delle trattenute di legge (sono state prodotte le buste-paga) oppure, in via subordinata, l’ammissione dello stesso credito considerato al netto delle ritenute di legge, come liquidato nel decreto ingiuntivo appositamente prodotto e munito di formula esecutiva, quale orientamento è da applicare correttamente? Nel caso il Curatore proponesse l’ammissione al passivo dell’importo considerato al lordo delle ritenute fiscali, quindi senza tener conto del Decreto Ingiuntivo, è opportuno escludere l’ammissione delle competenze del procedimento monitorio?
    Inoltre in caso di credito per fornitura, accertato dalla contabilità e per il quale è stato emesso decreto ingiuntivo munito di formula esecutiva solo successivamente alla dichiarazione di fallimento, è opportuno comunque proporne l’ammissione escludendo, a questo punto, le spese del procedimento monitorio??
    Grazie e cordiali saluti.

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Sul primo questo: il creditore può dimostrare l’esistenza del proprio credito in qualsiasi modo, per cui se il credito è superiore a quello risultante dal Decreto Ingiuntivo, a mio avviso, il creditore ha tutto il diritto di richiederlo. Il D.I. munito di formula esecutiva consente comunque di richiedere l’ammissione per le spese liquidate nello stesso.
      Sul secondo quesito: Le consiglio di richiedere anche le spese, sarà onere del Curatore contestargliele.

  6. dott. Rossi ha detto:

    Le descrivola vicenda: domanda per l’ammissione allo stato passivo corroborata da decreto ingiutivo non opposto e da fase esecutiva conclusa..tuttavia, nella domanda non è stato specificato che il credito di lavoro vantato era comprensivo di tfr, aspetto, quest’ultimo, pienamente esplicitato nel decreto ingiuntivo..alla luce di tale mancanza il curatore ci ammette per la somma da noi richiesta ma senza specificare che la stessa fosse comprensiva di tfr. ..per tale motivo ritiene di non poter rilasciare la documentazione necessaria per la successiva richiesta al fondo di garanzia dell’inps..ciò posto, ritiene possibile una soluzione della vicenda al fine di consentire il recupero del tfr

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Basterebbe che il Curatore chiedesse una correzione dello Stato Passivo al G.D.. L’indicazione della misura del TFR nello stato passivo non è obbligatoria, non c’è nessuna legge che lo impone, ma è solamente l’INPS che la richiede per effettuare l’anticipo del TFR dall’apposito Fondo. Non vedo perché il Curatore dovrebbe fare tanti problemi, considerato che lui stesso doveva essere a conoscenza della problematica.

  7. gabri ha detto:

    salve,
    un decreto inguntivo deve essere notificato alla società che ha fatto ricorso al concordato preventivo.
    la notifica è da fare alla società o al commissario giudiziale?
    grazie

  8. Luca ha detto:

    salve dottore le espongo il quesito:
    decreto ingiuntivo non opponibile alla curatela essendo stato depositato in costanza di concordato e pertanto non sono state riconosciute le relative spese legali e gli interessi, ritenendo la curatela di essere in presenza di continuità tra la procedura di concordato e quella di fallimento. Orbene il Tribunale a suo tempo ha dichiarato improcedibile la proposta di concordato per rinuncia e dichiarati cessati gli effetti della domanda. A quel punto il decreto ingiuntivo diviene definitivamente esecutivo ben prima della sentenza di fallimento che interverrà a distanza di quasi un anno dalla pronuncia di improcedibilità del concordato. Secondo lei in questo caso non è opponibile il D.I. alla curatela ma soprattutto lei ritiene che in questi casi vi sia consecuzione fra le procedure.
    la ringrazio anticipatamente

    • Luca ha detto:

      Il D.I. è stato depositato in cancelleria il 09 ottobre2013 mentre la domanda di ammissione alla procedura di concordato è del 10.09.2013. Successivamente il Tribunale dichiarava improcedibile la proposta di concordato in data 16.10.2013. Nel marzo 2014 viene apposta la formula esecutiva e solo nel luglio 2014 interviene la sentenza di fallimento. Orbene a seguito di istanza di ammissione al passivo la curatela ha ammesso la sorta capitale ingiunta (avendo depositato copiosa documentazione a sostegno del credito) ma ha escluso la differenza (spese sostenute per il d.i., spese legali, spese di registrazione, interessi), in quanto il d.i. non è opponibile alla curatela essendo statio depositato in cancelleria in costanza di concordato e pertanto non possono essere riconosciute le relative spese attesa la continuità tra la procedura di concordato ed il fallimento.

      • Dott. Massimo Cambi ha detto:

        Gent. Luca,
        credo che la situazione sia quanto meno complessa.
        Mi sento, in ogni caso, di affermare che il fatto che tra concordato e fallimento non vi sia consecuzione dovrebbe far sì che il concordato è come se non ci fosse mai stato, con tutte le conseguenze del caso, ivi compreso il riconoscimento delle spese legali in via chirografaria.

  9. Anna ha detto:

    Egr. Dott. Cambi,
    la fattispecie per cui chiedo sue delucidazioni è la seguente:
    d.i. ottenuto contro una srl e regolarmente notificato, viene opposto e attualmente si è in pendenza della causa d’opposizione ed in attesa della prima udienza ex art.183 c.p.c..
    Nelle more dell’opposizione a d.i., la società debitrice entra in liquidazione e fa istanza di concordato preventivo in bianco; il liquidatore fa relativa comunicazione ai creditori ex art.168-169 L.F..
    Quali le conseguenze sulla causa ordinaria d’opposizione a d.i. dell’istanza di concordato preventivo? quale l’effetto della domanda di concordato preventivo sul credito di cui al d.i.? preciso che la società debitrice sta in giudizio d’opposizione a d.i. in pers. leg. rapp.te p.t. e non del liquidatore, quindi, quest’ultimo dovrebbe intervenire in tale causa?
    grazie in anticipo.

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Da quanto comprendo il concordato è ancora nella fase “in bianco”, ovvero prima di una eventuale ammissione. In base all’art. 168, non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive; ma il giudizio monitorio e relativa opposizione non appartengono al novero di tali azioni, atteso che l’esecuzione si inizia con il pignoramento (art. 491 cpc).
      Pertanto, la causa segue il suo corso.
      Credo che le convenga verificare se il Suo credito è stato inserito tra i debiti del concordato, nel qual caso diverrebbe del tutto inutile continuare il giudizio e potreste concordemente abbandonarlo. Mi spiego meglio, spesso succede che l’opposizione al D.I. abbia solo la funzione di bloccare l’azione del creditore; se con il concordato il debitore riconosce il debito e lo inserisce regolarmente tra le poste passive, il giudizio diventa superfluo ed inutile.
      Per quanto riguarda l’intervento del liquidatore nella causa, faccio presente che il c.p. non è il fallimento, per cui la società debitrice sta in giudizio con il proprio legale rappresentante pro-tempore, che può essere l’amministratore o il liquidatore. Solamente dopo l’omologa e l’eventuale nomina del liquidatore giudiziale il discorso può cambiare.

  10. KATIUSCIA ha detto:

    Egr. Dott. Cambi,
    la fattispecie per cui chiedo sue delucidazioni è la seguente:
    in caso di concordato preventivo sfociato in fallimento ai fini valutare l’ammissione di un credito allo stato passivo la cui domanda è basata su decreto ingiunto ai fini dell’opponibilità alla massa, è necessario che il Decreto Ingiuntivo sia stato munito di formula di definitività ai sensi dell’art. 647 c.p.c., in data anteriore alla dichiarazione di fallimento o in data anteriore alla pubblicazione al registro imprese della domanda di concordato?
    Grazie

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      A mio avviso, la data di riferimento per l’opponibilità al fallimento della formula di definitività è la data della dichiarazione di fallimento. Infatti, con il concordato il debitore resta in bonis, per cui non perde la propria capicità procesuuale e può decidere di impugnare o meno un decreto ingiuntivo.

  11. Francesco ha detto:

    Egregio Dottore,
    la fattispecie è la seguente:
    ho notificato un decreto ingiuntivo emesso dopo la richiesta di concordato in bianco di una spa.
    L’amministratore unico, a seguito della notifica, mi ha comunicato l’impossibilità di pagamento rilevando che il decreto di ammissione ha previsto il solo pagamento dei debiti correnti e non di quelli passato.
    Nelle more, il concordato non è stato omologato e la procura ha proposto istanza di fallimento. Dopo un anno circa, il Tribunale ha rigettato l’istanza di fallimento e la società è ora tornata in bonis.
    Allo stato posso depositare una istanza ex art. 647 c.p.c. non essendo stato opposto il decreto nel termine di 40 giorni?

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Penso proprio di si. Di fatto il debitore non ha mai perso la propria capacità processuale ed il suo D.I. sembra abbia tutti i diritti per essere dichiarato esecutivo.

  12. Pinuccia ha detto:

    Egregio Dottore, la questione che Le volevo sottoporre è la seguente:
    devo insinuarmi al passivo di un fallimento sulla base di decreti ingiuntivi che sono provvisti del provvedimento di esecutorietà ex art. 647 cpc in data antecedente il fallimento. Quello che manca è la formula esecutiva che la cancelleria appone successivamente e a richiesta “visto il provvedimento di esecutorietà del giudice”. Premetto che i decreti erano già provvisti di formula esecutiva perchè sono stati rilasciati in forma provvisoriamente esecutivi.
    Ai fini dell’ammissibilità al passivo fallimentare lei ritiene che posso correre dei rischi? Io, per sicurezza, essendo crediti di lavoro sto, impostando le domande anche su base documentale (cud ai fini del tfr e prospetti paga per le retribuzioni). Grazie per la risposta
    Pina

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Gent. Avv., non bisogna confondere la provvisoria esecutorietà del decreto con il provvedimento di esecutorietà ex art. 647 c.p.c.. Se la Sua documentazione è carente di quest’ultimo, ritengo necessario completare l’istanza di ammissione al passivo con i restanti documenti che ha indicato.

  13. chiara ha detto:

    Buongiorno Dottore,
    volevo sottoporre alla sua attenzione il seguente quesito: il creditore può essere pregiudicato dal ritardo della giustizia nel prendere in esame l’istanza ex art. 647 c.p.c., depositata due mesi prima della dichiarazione di fallimento e addirittura seguita da un’ulteriore istanza di sollecito, depositata sempre prima del fallimento, ma non ancora evasa dal Giudice alla data di fallimento?
    La ringrazio.

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Bella domanda! E’ un quesito che mi sono posto più volte. Temo che se il Giudice Delegato è rigido e formalista possa infischiarsene del ritardo e riconoscere la tardività della dichiarazione di esecutorietà. In tal caso, credo le resti comunque aperta la strada del risarcimento nei confronti dell’ufficio inadempiente.

  14. francesco ha detto:

    Egregio dottore buongiorno,
    la giurisprudenza sull’art 647 cp.c. (giusta la quale occorre la concessione della definitiva esecutorietà per la opponibilità alla procedura) mi pare ormai pacifica e consolidata….ma non riesco proprio “a digerirla”; le conseguenze sono veramente assurde, oltre che antieconomiche dal punto di vista processuale (costringono ad inutile attività tanto gli avvocati, quanti gli uffici dei tribunali)…se poi le stesse si considerano in uno alle ulteriori, assurde, conseguenze che patisce il decreto ingiuntivo opposto ma concesso di provvisoria esecuzione nel corso del giudizio (il giudice dell’opposizione ha avuto modo di verificare la intercorsa regolarità della notifica), trovo si sia ai limiti della incostituzionalità, ma non riesco a trovare il bandolo della matassa.
    Abbiamo, nello specifico, un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, mediante il quale non solo si è iscritta ipoteca, ma in forza del quale si sono iniziate procedure esecutive; interviene il fallimento e il creditore non ha pensato di farsi mettere la formula 647.
    Giustamente, si deve considerare, alla luce della citata giurisprudenza, non opponibile alla massa il titolo, con le note conseguenze per le quali al passivo non dovrebbero essere ammesse: né le spese legali liquidate; né la tassa di registrazione del decreto; né le spese di precetto; né le spese della iscrizione ipotecaria……per assurdo, però, avranno – e lo dovranno avere – privilegio le spese relative alla fase di esecuzione (positiva)….ma come si può logicamente sostenere che si abbia diritto ad un privilegio per una fase esecutiva, ma escludere l’ammissione anche al chirografo delle spese che necessariamente il creditore deve avere affrontato per avere pignorato (a vantaggio della massa) ? Se il creditore non avesse affrontato le spese della registrazione, ad esempio, piuttosto che quelle di precetto, non avrebbe mai potuto avere un titolo e conseguentemente non avrebbe nemmeno mai potuto pignorare…mi sembra tutto così assurdo…mi si dirà che le pretese di ammissione sono invero fondate su differenti disposizioni di legge….ma è comunque pacifico che le spese di registrazione di un titolo provvisoriamente esecutivo e non passato in giudicato non vengano mai ammesse

  15. Nicla ha detto:

    Gentile dott.,
    vorrei sottoporre alla sua attenzione la seguente controversa questione.
    Deposito ricorso per d.i. in data 11.11.2015. In data 16.11.2015, però, viene dichiarato il fallimento della società debitrice. In data 16.12.2015, tuttavia, il Giudice competente emette decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.
    Per sicurezza ho comunque notificato ricorso e decreto ing. con formula esecutiva alla società debitrice, presso il CURATORE p.t.
    Stamani ho avuto notizia della revoca del fallimento della società debitrice.
    Il quesito è questo: la notifica del d.i. provvisoriamente esecutivo alla debitrice, ma presso il Curatore p.t., è valida? Perciò, essendo trascorsi più di 60 gg., posso fare la richiesta ex art. 647 c.p.c. o devo considerare quel d.i. oramai inefficace?
    Altro quesito: la sentenza dichiarativa di fallimento può essere considerata causa di sospensione del termine di efficacia di 60 gg. del d.i.? In tal caso, infatti, sarei ancora nei termini per notificare il d.i. provvisoriamente esecutivo al LEGALE RAPPRESENTANTE della società debitrice.
    Grazie anticipatamente

  16. Rocco ha detto:

    Egregio Dott. Cambi,
    sono l’amministratore di un condominio in cui c’è una srl che ha diversi appartamenti intestati ma non ha pagato le spese condominiali. So che avrei dovuto proporre decreto ingiuntivo entro 6 mesi dall’approvazione del rendiconto ma l’amministratore della Srl mi ha convinto a concedergli più tempo per studiare un piano di rientro.
    Ora sono passati oltre 9 mesi e alla fine anziché pagare la Srl ha presentato un’istanza di concordato in bianco in tribunale, che è stata accolta con riserva.
    Secondo Lei sarebbe cambiato qualcosa se avessi proposto decreto ingiuntivo 9 mesi fa oppure, vista la situazione, non vi sarebbe stato alcun vantaggio?
    Grazie per l’attenzione e la cortesia

  17. carmen ha detto:

    Egr. Dott. ho proposto ammissione all’amministrazione controllata di un ente sulla base di un DI provvisoriamente esecutivo, munito di sola formula esecutiva senza esecutorietà; ammissione negata, ora ho fatto opposizione e pende giudizio innanzi al Tribunale. Mi sembra assurdo che un Decreto Ingiuntivo munito di formula possa legittimare l’esecuzione e non l’ammissione al passivo per la mancanza della esecutorietà ex art. 647 cpc ; esisite qualche precedente che ritiene ammissibile il credito e le spese essendoci stato un pagamento parziale prima dell’apertura della procedura concorsuale?

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Capisco che possa sembrare “ingiusto”, ma la questione pare ormai consolidata.
      Amministrazione controllata?

  18. Giovanna ha detto:

    Egregio Dott. Cambi,
    volevo chiederLe se il ragionamento da Lei fatto per i decreti ingiuntivi è applicabile anche alle sentenze. Nel caso, una sentenza passata in giudicato in data anteriore a quella di dichiarazione del fallimento ma con attestazione del cancelliere (ex art. 124 disp. att. c.p.c.) successiva alla stessa, potrebbe ritenersi non opponibile alla curatela fallimentare?
    Grazie per la risposta.

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Direi proprio di no. Il 647 cpc attribuisce allo stesso giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo l’onere di accertare l’avvenuta esecutorietà dello stesso, precludendo così al giudice delegato di effettuare la verifica del passagio in giudicato del D.I.. Lo stesso non avviene per le sentenze, per le quali non opera tale preclusione: l’importante è che siano trascorsi i termini per l’impugnazione della sentenza prima del fallimento.

  19. andrea ha detto:

    Egregio dottore

    vorrei chiederle cosa succede ad un decreto emesso in forma non esecutiva per un credito previdenziale emesso, nei confronti di un soggetto amministratore e socio di una snc, dopo la dichiarazione di fallimento e notificato soltanto al soggetto fallito e non anche al curatore; il titolo, non opposto dal fallito, pùo essere utilizzato dopo la chiusura del fallimento nei confronti del soggetto tornato in bonis?
    grazie

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Dopo la riforma della legge fallimentare (in part. art. 43, comma 3), l’incapacità processuale del fallito sembrerebbe del tutto assoluta.
      Tuttavia, sussistono alcune circostanze per le quale il fallito mantiene la propria capiacità processuale:
      – per i giudizia attinenti rapporti patromoniali non compresi nel fallimento (ad es. beni personali ex art. 46 o beni non acquisiti al fallimento);
      – [vds. da ultimo Cass. n.2608/2014] un creditore può sempre convenire in giudizio il fallito se intende munirsi di un provvedimento da far valere contro lo stesso tornato in bonis.
      Temo che quest’ultima fattispecie si riconfaccia proprio al suo caso.

  20. maura manule ha detto:

    buongiorno dottore Cambi,
    ma se il D.I. non è opponibile alla massa perché non definitivo (sprovvisto del 647 c.p.c.), può costituire valido titolo per l’interruzione della prescrizione?
    nel mio caso il credito, che il creditore tenta di provare altrimenti a mezzo della fatture e dei DDT, sarebbe prescritto per decorso dei dieci anni….il creditore assume che la interruzione della prescrizione ben possa ancorarsi alla notifica del D.I. avvenuta nelle more
    non trovo giurisprudenza
    grazie

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Non conosco le date, ma dalle poche informazioni pare che nel suo caso, ai sensi dell’art. 2943 c.c, dovrebbe essersi interrotta la prescizione. Il 647 c.p.c. è essenziale per l’opponibilità alla curatela, ma per la notifica al debitore in bonis del D.I. non rileva (anche perché sarebbe successivo). Pertanto, se le notifiche al debitore non fallito sono regolari queste sono efficaci ai fini della interruzione della prrescrizione.

  21. maura manule ha detto:

    Un altro dubbio: ferma la inopponibilità del DI per i motivi sopra rassegnati (mancanza del decreto di esecutorietà ante fallimento), posso ritenere ammissibile il credito chiesto al privilegio per atti conservativi ?
    In particolare, era stata avviata una esecuzione immobiliare ed iscritta ipoteca sulla base del detto decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo: in sede di insinuazione al passivo il creditore reclama le spese sostenute per detta attività al privilegio ex artt. 2770 c.c.
    A mio avviso, non dovrebbe essere ammesso il credito suddetto posto che la eccepita inopponibilità travolge tutto ciò che ne consegue.
    grazie in anticipo

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Bella domanda. Sicuramente la mancanza del decreto di esecutorietà rende inopponibile il D.I. alla curatela, per cui non può essere utilizzato dal creditore per provare il proprio credito. Travolge, inoltre, l’ipoteca giudiziale iscritta che diventa inefficace.
      Invece, per quanto riguarda le spese dell’espropriazione ci andrei cauto, perché si tratta di “spese utili” per la massa e che prescindono di fatto dal decreto ingiuntivo. Il cpc dispone che l’espropriazione si inizia con il pignoramento (art. 491) per cui, secondo me, le cosidette “spese vive” sostenute legittimamente dal creditore in tale fase possono godere del privilegio ex artt. 2770 c.c..

  22. FABIO RAGO ha detto:

    Egr. dottore,

    se ho fatto istanza ex art. 647 c.p.c. per mancata opposizione nel tempo anteriore alla dichiarazione di fallimento, ma il giudice ha apposto il visto dopo alcuni mesi e nelle more il debitore è fallito, posso essere ammesso al passivo?

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Egr. Avv., il quesito che pone purtroppo porta ad una considerazione scontata: se alla data di fallimento non è stato emesso il decreto di esecutorietà ex art. 647 cpc il decreto ingiuntivo è inopponibile alla curatela.
      In realtà, come da lei evidenziato, perchè il creditore deve rispondere dei ritardi e delle inefficienze dell’amministrazione giudiziaria?
      In ogni caso, l’ammissione al passivo la può tranquillamente ottenere sulla base della documentazione contabile del creditore (contratti, fatture, ecc.). Restano eventualmente escluse spese ed interessi derivanti dal D.I.. Provi eventualmente a sottoporre la questione al Giudice Delegato evidenziando la sua tempestiva richiesta del decreto di esecutorietà e che il ritardo non è dipeso da lei; magari prende una decisione non formalistica ma di buon senso a suo favore.

    • francesco ha detto:

      Egregi buongiorno,
      mi trovo a dover impugnare un decreto di esclusione dal passivo sulla scorta del fatto che la formula, richiesta precedentemente rispetto al fallimento, mi sia invero stata concessa in data successiva alla pronuncia di insolvenza e mi domandavo che sorte avesse avuto la segnalazione del Sig Rago

  23. Francesca ha detto:

    Egregio Dott., chiedo la sua saggia consulenza per fare luce su mio un dubbio.
    Un decreto ingiuntivo è stato opposto e qualche tempo dopo l’opponente è stato dichiarato fallito, mi chiedo se il curatore deve riassumere il procedimento e se in caso contrario il decreto ingiuntivo diventa esecutivo e dunque opponibile al fallimento.
    Grazie anticipatamente per la consulenza che spero vorrà offrirmi.

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Assolutamente no. I crediti nei confronti del fallito sono accertati dal Tribunale fallimentare per cui non deve riassumerlo. Il decreto ingiuntivo in quanto opposto alla data del fallimento è inoppolibile alla procedura.

  24. Elena ha detto:

    Egregio Dott. Cambi,
    gradirei il Suo punto di vista in ordine al seguente caso:
    – la società A vende a B merce
    – B non paga la fornitura
    – A e B formalizzano un accordo di restituzione della merce tutta, cui B non da tuttavia seguito
    – A ottiene così un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo sulla base del quale coattivamente ottiene la restituzione della merce tutta
    – Il decreto viene opposto
    Dopo pochi mesi dall’esecuzione coattiva – e in pendenza del giudizio di opposizione – B fallisce
    Ora è possibile chiedere la restituzione ad A da parte della procedura della merce tenuto conto che il d.i. difetta di definitività e come tale inefficace nei confronti del fallimento oppure è meramente esperibile revocatoria ex 67 lf?
    La ringrazio

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Se è ho ben capito la vicenda, credo che il tutto vada risolto nell’ambito della revocatoria fallimentare

  25. simone ha detto:

    Egr. Dott.
    il mio cliente si è insinuato al passivo con decreto provvisoriamente esecutivo sfornito dell’attestazione ex art.647 cpc. Però, prima del fallimento ha proceduto in via esecutiva (pignoramento presso terzi), ottenendo ordinanza di assegnazione di una somma a parziale soddisfazione del suo credito (somma poi effettivamente incassata). I quesiti sono:
    1 – l’ordinanza di assegnazione, e le spese in essa liquidate sono opponibili al fallimento? è sufficiente produrre l’ordinanza o serve la formula esecutiva su di essa?
    2 – in seguito all’ordinanza di assegnazione le spese del decreto provv. esec. , compresa imposta di registro, sono opponibili al fallimento?
    3 – le somme incassate con l’assegnazione vanno detratte dalle spese legali e di procedura liquidate dal G.E. e dal Giudice in fase monitoria o alla sorte?
    Grazie

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Il quesito è assai articolato. In breve: la giurisprudenza maggioritaria ritiene che il procedimento esecutivo si chiuda con il pagamento da parte del terzo e non con il provvedimento di aggiudicazione.
      Pertanto, detto pagamento potrà essere:
      – inefficace ex art. 44 l.f. se avvenuto dopo il fallimento;
      – revocabile ex art. 67 l.f. se avvenuto prima del fallimento (ovviamente se ne ricorrono le condizioni).
      Per quanto attiene le spese, in via generale il creditore ha diritto al riconoscimento delle spese sostenute per il recupero del proprio credito, per cui è sufficiente che documenti tali oneri per vederli accolti. Da questa problematica esulano le spese liquidate nel decreto ingiuntivo, in quanto in tal caso la legge impone il decreto ex art. 647 cpc per l’opponibilità. Ne consegue che in mancanza dell’esecutorietà il D.I. sia inopponibile e ciò travolge anche quanto in esso contenuto. Tuttavia le spese del successivo processo esecutivo sono qualcosa che esula dal D.I. e quindi possono sicuramente essere accolte.

  26. Massimo ha detto:

    Egregio Dott. Cambi,
    Ho il caso di un’istanza di ammissione al passivo fondata su un decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di Pace, notificato al debitore e successivamente “reso esecutivo” (testuale) dal cancelliere. Quindi non dal “giudice che ha pronunciato il decreto”.
    Nell’istanza il credito non è stato provato in altro modo (fatture, scritture contabili, ecc.).
    Ritengo di proporre l’esclusione in assenza di prova della definitività (esecutorietà) del decreto ai sensi dell’art. 647 c.p.c., a nulla rilevando la prassi in uso presso il Tribunale o il Giudice di Pace.
    La ringrazio

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Gentile collega,
      la questione è sicuramente rilevante. La legge dispone che è il giudice stesso che ha emesso il decreto a renderlo esecutivo. La giurisprudenza ha più volte ribadito che il Giudice Delegato non ha il potere di verificare (in sede di ammissione al passivo) il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo, per cui ad una interpretazione “rigida” della norma, la prova dell’esecutività può essere data solo dal provvedimento del giudice ex art. 647 c.p.c..
      Tuttavia la prassi di molti Tribunali, vede il cancelliere rilasciare un’attestazione che il giudice ha emesso il visto.
      L’alternativa è tra un’interpretazione “rigida” della norma che richiede il provvedimento ex art. 647 c.p.c. ed un atteggiamento più permissivo che ritiene comunque sufficiente l’attestazione del cancelliere.
      Da quanto mi risulta, ci sono Giudici Delegati che accettano anche quest’ultima impostazione.
      Concludendo, contestando l’ammissione non sbagli mai. Sarà poi il G.D. ha decidere in udienza.

  27. annunziata rubino ha detto:

    Buongiorno,
    in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, seguito da transazione che contempli rinuncia agli atti ex art. 306 cpc, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato ex art. 653 cpc e pertanto il decreto ingiuntivo è opponibile ad un eventuale futuro fallimento?
    Se nel corso del giudizio era stata concessa la provvisoria esecutività parziale ex 648 cpc, in caso di rinuncia agli atti ex art. 306 cpc il giudicato ex art. 653 cpc è limitato all’importo del 648cpc?

    • Dott. Massimo Cambi ha detto:

      Nel caso che espone, ritengo che per “provare” il credito in sede di ammissione al passivo non abbia bisogno della esecutorietà del decreto ingiuntivo, in quanto la successiva transazione comporta un riconoscimento di debito da parte del debitore e questo è sufficiente. Per quanto riguarda la seconda parte del quesito non conosco i termini della vicenda per cui non so esserele utile.

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